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Retinite Pigmentosa

Retinite pigmentosa

Con il termine di Retinite Pigmentosa (RP) sono oggi indicate un gruppo d’affezione che ha in comune un processo degenerativo evolutivo, geneticamente determinato che causa una scarsa efficienza del Recettore Retinico (coni e bastoncelli).
La Retinite Pigmentosa è una degenerazione retinica che comporta un progressivo deterioramento del sistema visivo che in molti casi, soprattutto negli individui più anziani (ma talvolta anche in soggetti giovani), può portare alla cecità. Attualmente la comunità scientifica internazionale non dispone di cure efficaci in grado di far guarire un paziente affetto, anche se da alcuni anni esistono alternative terapeutiche in grado di bloccarne o di rallentarne fortemente il decorso.
La Retinite Pigmentosa è una malattia progressiva, con gravissima invalidità anche nelle fasi molto precoci e pertanto di notevole rilevanza sociale sia perché si presenta con frequenza elevata (un malato di Retinite Pigmentosa ogni 2.000 persone sane anche se con valori differenti da regione a regione), sia perché fortemente invalidante sul piano della formazione scolastica e dell’inserimento nel mondo del lavoro.
Nella Retinite Pigmentosa propriamente detta sono colpiti i segmenti esterni dei bastoncelli, che sono i fotorecettori periferici della retina; essi sono particolarmente importanti nella percezione del campo visivo attorno a noi e sono i responsabili della capacità visiva notturna. Tuttavia in alcune forme di Retinite Pigmentosa è anche possibile che ad essere colpiti siano i coni, fotorecettori della retina centrale che sono deputati alla visione distinta (i cosiddetti dieci decimi o 10/10) di giorno e che sono anche responsabili della percezione dei colori. La denominazione della malattia dipende dalla caratteristica deposizione di pigmento intraretinica a livello della retina medio-periferica anche attorno alle reti capillari, colpisce nella maggior parte dei casi entrambi gli occhi, anche se in modo asimmetrico. È caratterizzata da un decorso progressivo e porta, dopo un arco di tempo variabile, a riduzione dell’acuità visiva fino ad arrivare alla cecità assoluta.
Il paziente affetto da Retinite Pigmentosa lamenta, anche nelle fasi precoci, la riduzione dei campi visivi e la compromissione della visione notturna (emeralopia), in una fase più tardiva, per l’insorgenza delle complicanze, si possono avere anche diminuzione notevole dell’acuità visiva e fotofobia.
In genere la malattia esordisce sin dall’infanzia, ma anche più tardivamente.
Il restringimento del campo visivo, inizialmente lieve. Evolve progressivamente fino a diventare una visione tubolare cosiddetta “a cannocchiale”.
La Retinite Pigmentosa si può presentare in numerose varianti cliniche differenti (qualche ricercatore individua fino a 800 forme cliniche) per parametri monologici e funzionali. Oltre che in forma pura, la Retinite Pigmentosa si può riscontrare anche associata ad altre anomalie di carattere sintetico, ancor più invalidanti, come ad esempio la Sindrome di Usher (caratterizzata da danno congenito del sistema uditivo neurosensoriale e disturbo della parola), la Sindrome di Lawrence – Moon – Bardet – Biedl (associata ad obesità, ritardo mentale ed ipogonadismo), la Sindrome di Refsum, la Sindrome di Wolfram, ecc.
La Retinite Pigmentosa è una malattia geneticamente determinata che presenta diverse modalità di trasmissione: autosomica, dominante, recessiva, legata al sesso. Abbiamo evidenziato numerose specifiche mutazioni a carico di geni che codificano proteine coinvolte nei processi di fototrasduzione. In collaborazione con gruppi di ricerca dell’Università di Lubecca abbiamo individuato nel 1991, primi in Italia, una mutazione del gene della Rodopsina, che è una molecola proteica contenuta nei bastoncelli responsabili del processo di trasformazione della luce in impulso nervoso. Da allora molte altre differenti mutazioni sono state identificate sia dal nostro gruppo di ricerca che da altri in Italia e all’estero.

Da questa enorme eterogeinità sia clinica che genetica nasce la necessità di avere nella Regione Toscana a disposizione una Banca Dati informatica dei pazienti affetti che consentirebbe di raggiungere molte finalità ed in particolar modo:
• Conoscere il numero degli individui affetti e il tipo di degenerazione tapetoretinica presente con le caratteristiche funzionali di ciascun soggetto;
• Ricostruire gli alberi genealogici per stabilire il modo di trasmissione della malattia per individuare le forme primitive o sincroniche;
• Poter effettuare una valutazione genetica della famiglia con la possibilità di diagnosi prenatale o di terapia genica;
• Attuare una possibile prevenzione principale volta a ridurre il matrimonio tra partner appartenenti a genealogie affini;
• Individuazione di un programma sociale di prevenzione dell’handicap sensoriale con la possibilità di avviare singoli pazienti verso percorsi riabilitativi specifici in grado di effettuare un corretto reinserimento nel contesto sociale, scolastico, lavorativo.
Per tutte queste opportunità si raccomanda vivamente l’iniziativa dell’A.T.R.I. (Associazione Toscana Retinopatici e Ipovendenti) in quanto ricca di significati clinici e sociali per persone già provate nell’essere colpite da un handicap sensoriale così grave come la perdita della visione.

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